a cura di MAURIZIO GHELFI

Dopo gli eventi accaduti la scorsa estate negli Stati uniti ove alcuni componenti delle forze dell’ordine statunitensi si sono resi protagonisti di incresciosi e in parte inspiegabili incidenti con uccisione del sospettato, con armi da fuoco nel corso di interventi per il controllo del territorio, non ho potuto non osservare con grande curiosità le immagini video proposte dai media locali. Guardando le immagini proposte, notato che gli agenti coinvolti in questi episodi, impugnavano la stessa tipologia di arma. Sempre sono state proposte immagini ove gli agenti impugnavano una GLOCK. Visto l’alto livello professionale delle forze dell’ordine americane, nonché le libertà sulla scelta dell’arma da impiegare, o meglio della eventuale seconda arma utilizzabile in teatro operativo, facendo ricorso alla mia personale esperienza trentennale di tiratore di tiro olimpico ho tratto alcune conclusioni e colgo l’occasione per ringraziare l’amico Pier Luigi Lisco “Pigi” che mi ha proposto di sottoporvele. Sono queste sicuramente discutibili ma basate su principi oggettivi che meritano a mio parere una riflessione.

Negli anni 60/70 per il tiro olimpico di pistola libera (50 m.) si utilizzavano armi cal.22LR, per lo più Hammerly e Toz a percussore lanciato con scatti agganciati su un solo tempo con peso dello scatto che andava dai 3 ai 7-8 gr. con grilletti praticamente inesistenti!! Poiché Costituiti da un filo metallico di pochi decimi di millimetro di diametro. Questo aveva lo scopo, secondo le convinzioni correnti in quegli anni di permettere al tiratore di eseguire il colpo al momento propizio, vale a dire quando gli organi di mira fossero correttamente allineati. Questa tecnica, nel corso degli anni 70/80 è andata scomparendo per lasciare spazio a scatti più sicuri con peso da 20 a 80 gr. Sempre agganciati su un solo tempo (senza precorsa). Quando iniziai a sparare di Pistola libera correva l’anno 1986 e la sezione di Ferrara mi mise a disposizione una Pistola Libera Hammerly 105 precedentemente utilizzata da un valente tiratore ferrarese (Romano Castelli), fervido sostenitore degli scatti superleggeri!! Inutile ricordare le difficoltà incontrate per le operazioni di caricamento, ed armamento dello scatto senza che il colpo partisse piantandosi del terrapieno. Nonostante non poche difficoltà, con un certo numero di allenamenti specifici ottenni incoraggianti risultati. Il gesto, risultava macchinoso e assolutamente stressante poiché lo spettro del colpo partito accidentalmente mentre si portava in linea l’arma era sempre ben presente nella mia mente. Ben presto mi accorsi che la muscolatura risultava sempre eccessivamente contratta ed i tremori derivanti da questa, dannosi per il conseguimento dei risultati attesi. Circa un anno dopo, mi capitarono in mano alcuni appunti di un tiratore sovietico, tradotti, a scopo didattico da quello che a quel tempo era il mio allenatore federale. Queste carte parlavano di terminazioni nervose presenti sui polpastrelli delle dita e di riflessi condizionati dalla sensazione di dolore prodotte da oggetti puntiformi. Onestamente non compresi subito quale fosse il messaggio. Questo tiratore sovietico asseriva che gli studi compiuti dal suo staff aveva portato a concludere che quando, esercitando una forza muscolare sull’impugnatura di un’arma si andava a toccare una superficie puntiforme si aveva una sensazione di dolore e si generava una contrazione muscolare che faceva partire il colpo in maniera “non involontaria” ma quale conseguenza di uno stimolo negativo prodotto automaticamente come difesa dal nostro cervello. Da questo conseguiva che il colpo non avveniva nel momento migliore, ma semplicemente il prima possibile, per concludere la situazione negativa. Secondo questa teoria, ciò non accadeva se la superficie di contatto dello scatto era maggiore.

Qui i meccanismi cerebrali pazientemente costruiti con l’allenamento avvenivano più frequentemente in maniera involontaria senza la presenza di dannose contrazioni muscolari. La mia perplessità fu grande ma decisi di seguire le indicazioni di quella che in quel periodo era la scuola migliore. Fatte le opportune modifiche inizia ad allenarmi con questa nuova tecnica abbandonando gli scatti super leggeri e i grilletti fatti di filo metallico. I miei risultati migliorarono sensibilmente, ma in particolare migliorò l’approccio allo stress della competizione. Al termine di una gara non avevo più muscolatura dolorante e battiti cardiaci alle stelle, ma una maggiore consapevolezza di ciò che avevo eseguito correttamente e di ciò che non mi era riuscito. Come me molti altri tiratori di quell’epoca abbandonarono la vecchia tecnica ottenendo risultati di grande rilievo. Oggi più nessun tiratore, o quasi, fatta eccezione per qualche nostalgico, utilizza la vecchia tecnica.

Era il 1989 ed ebbi la possibilità di fare alcune sessioni di allenamento con una CLOCK 17 (verde). A quel tempo l’unica arma in polimero, con questo rivoluzionario sistema di scatto!! Proveniente da una vissuta Beretta 98FS, ero entusiasta di poter fare qualche raffronto con un pezzo così tecnologico. L’entusiasmo iniziale, lasciò ben presto il posto alla rabbia per il mancato conseguimento dei risultati che mi attendevo. Dopo alcune prove comparative con la vecchia 98, restituii l’arma al proprietario ed abbandonai l’idea dell’acquisto. Anni dopo ebbi la possibilità di provare una CLOCK mod. 23 con canna compensata e preparata per il tiro dinamico. Cambia il luogo, cambia l’arma, decisamente più performante del mod.17 ma la musica non cambia. Contrazioni muscolari, colpi partiti non nelle tempistiche corrette e ulteriore forte disappunto. Questa volta però lo spirito analitico ebbe il sopravvento sull’ego!! Effettuai ulteriori prove affidandomi ad un grande esperto di tiro dinamico, nonché grande estimatore dei prodotti GLOCK (Marco Piovan da Padova) il quale mi spiegò alcune cose e dopo molti colpi esplosi venne, seppur a fatica qualche risultato dignitoso. Pensai a lungo quale fosse il motivo degli scarsi risultati ottenuti, ma quasi per caso, riordinando lo studio, mi capitarono in mano alcuni appunti di tiro datati 1987 e tutto mi fu chiaro!! Qualche giorno dopo, alcune telefonate agli amici mi permisero di provare un’altra mod.23 con scatto modificato senza la sicura sul grilletto. Inutile dire che i risultati furono subito eccellenti. Dopo tutti questi amarcord torniamo all’aspetto operativo dell’utilizzo di un’arma con sistema di scatto GLOCK; ebbene la mia conclusione è che vi può essere una relazione tra superficie puntiforme, vale a dire la sicura sul grilletto, che genera tensioni muscolari anomale, con conseguente partenza accidentale del colpo.

In condizioni di forte stress prodotto dal quadro operativo in cui l’operatore percepisce un forte rischio per la propria vita queste tensioni muscolari posso avere il sopravvento sulla ratio e sulla tecnica. Premesso che vi sono moltissimi tiratori che utilizzano con successo armi GLOCK sia in quadro operativo che in quadro sportivo in tutto il mondo senza incidenti, ma al contrario con notevole successo, lungi da me pensare si tratti armi insicure, ma certamente la maggioranza delle forze dell’ordine e corpi militari utilizzano armi con scatti tradizioni.

Sono certo che con caparbietà nell’allenamento le Glock non sono seconde a nessuno sia in campo sportivo che in campo operativo, ma qualche domanda sarà doveroso farsela!

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I corsi si svolgono a Ferrara presso V.BO Palestra in Via Recchi 6 (Cortile interno della chiesa Sacra Famiglia di via Bologna), il Sabato Mattina h 10.00 – 12.00 sotto forma di STAGE INTENSIVI. La formazione dei corsisti è affidata agli Istruttori Pier Luigi Lisco, Sergio Mastropasqua e Delfino Soatin della KRAV MAGA Ferrara, affiliata IAKSA Krav Maga.

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